1. Don’t give up (P.Gabriel)
2. Miss Grace (D. Morga)
3. Come Togheter (Lennon/McCartney)
4. I fall into trance (D. Morga)
5. Viaggio di una nuvola (C. Pace)
6. A forest (The Cure)
7. The scientist (Coldplay)
8. Blue in green (M. Davis)
9. In viaggio (R. Patruno)
10. Ritorni (D. Morga)
11. Miss Grace – d’Bbar (D. Morga – G. Ciardo)
Diego Morga – pianoforte
Camillo Pace – contrabbasso
Lello Patruno – batteria
Artisti ospiti:
Marialuisa Capurso – voce
Giorgio Distante – tromba
Michele Jamil Marzella – trombone
Tuppi – voce rap
Rossella Antonacci – soprano lirico
Alessandro Cappa – chitarra elettr. rock&roll
Giorgio Guarini – chitarra elettr. jazz
Gianni Gelao – cornamusa
Gianni Ciardo – voce recitante
Registrato presso Mediterraneo studio da Massimo Stano – Santeramo in colle (Bari)
Mix e mastering a cura di Hugo Tempesta – Bari
Chi ha fottuto Donald Duck? titolo che racchiude in sé tutto l’anticonformismo e la voglia di trasgredire le regole che contraddistingue il Donald Duck Trio. Un viaggio attraverso le musiche che hanno fatto la storia del loro genere, dal rock più spinto dei Cure a quello melodico dei Coldplay, fino al classico dei classici del jazz, Miles Davis. E non potevano mancare anche brani originali composti dai musicisti.
Diego Morga al piano, Camillo Pace al contrabbasso e Lello Patruno alla batteria: tre musicisti eclettici per un album altrettanto eterogeneo. Il loro viaggio parte da Peter Gabriel con Don’t give up, uno dei brani più noti nella storia del rock e ne danno una rilettura che risulta molto delicata grazie al tocco leggero di Morga e soprattutto alle notevoli doti interpretative di Marialuisa Capurso. La cantante presta la propria voce anche per una suggestiva versione di A forest di The Cure; questi sono probabilmente i brani più riusciti di tutto il cd. In generale, infatti, l’album presenta undici brani che sembrano slegati tra loro, in cui è un po’ difficile riconoscere la matrice jazz evidente maggiormente nelle composizioni di Morga e di Patruno e nel palese richiamo a Miles Davis con Blue In Green. Ciò che invece si nota è un lasciarsi andare spesso a quelli che sono gli schemi del rock, fino addirittura al progressive, soprattutto da parte delle percussioni. Surreale la rilettura della Come together beatlesiana, in cui c’è un mix di rap, lirica, rock e finanche qualche sfumatura jazz. Particolare l’arrangiamento di The Scientist, soprattutto per il connubio pianoforte e spazzole, ma ancora una volta il pezzo vira verso qualcosa che è più facile etichettare come rock che come jazz.
Il Donald Duck Trio esagera all’ennesima potenza la contaminazione tra generi e mostra una gran voglia di distinguersi e di fare qualcosa di alternativo rispetto a ciò che oggi caratterizza il panorama italiano jazzistico. Il titolo stesso dell’album pone i tre musicisti già fuori dagli schemi ordinari. Resta da chiedersi se ciò che fanno rientri ancora nel jazz o si spinga troppo oltre, in ogni caso va riconosciuta la grande bravura dei musicisti, in particolare Morga che al pianoforte ha un tocco così dinamico e delicato da aggiungere valore ad ogni brano.
Nina Molica Franco per Jazzitalia.net